La villa di Caneva, in considerazione della propria posizione naturale,
deve avere avuto per tutto il tempo antico una notevole importanza storica,
situata com'è alla biforcazione della via Julia, l'arteria romana diretta al Norico, con la strada
del Mauria e del Comelico.
La campagna circostante, prolungatesi fino alla confluenza del fiume Bût col fiume Tagliamento, doveva consolidare senza
dubbio la sua importanza e costituire motivo di insediamenti, sia pure
provvisori, di armati e di genti nomadi. Il nome stesso di Caneva,
in friulano «Cjanive», che vuol
significare «cantina», ci porta a pensare a una località
adibita a depositi, magazzini di viveri e vettovaglie di ogni genere.
All'infuori di pochi
oggetti reperiti saltuariamente e subito dispersi, non si riscontrano
presentemente segni evidenti di installazioni fisse.
Di certo la villa di Caneva non deve essere mai stata un grande agglomerato, per
effetto della vicinanza con Tolmezzo, che è
sempre stata la capitale fortificata e murata della regione.
Fino ad una
quarantina di anni fa esisteva un discreto numero di case in puro stile carnico, con i caratteristici volti che davano luogo ai
comodi sottoportici e agli spaziosi ballatoi ingentiliti da rossi gerani e
pendule vegetazioni.
Ora la testimonianza
del tempo antico è quasi del tutto scomparsa, massimamente in seguito ai
ripetuti movimenti sismici che periodicamente affliggono l'intera regione carnica e che ogni volta arrecano duri colpi all'edilizia
locale. D'infausta memoria sono i rovinosi movimenti tellurici del 27 e 28
marzo 1928, addirittura di 6°/7° grado della scala Mercalli,
che hanno colpito l'intero mandamento di Tolmezzo con
epicentro a Caneva e Verzegnis,
causando vittime umane, crolli totali e seri danneggiamenti .
A Caneva quasi tutte le abitazioni sono state
compromesse, tanto che talune si sono dovute abbattere e ricostruire dalle
fondamenta. Anche
Ovviamente anche il
terremoto del 1976 con i suoi 9° gradi Mercalli ha colpito duramente Caneva
che è stata danneggiata pesantemente ma, fortunatamente, senza
vittime.
Sono venuti
così a sparire anche quei tipici affreschi che adornavano e ingraziosivano l'esterno di tante case, motivi di fede
sentita e vissuta.
Per il passato Caneva aveva una buona rinomanza commerciale con importanti
depositi di cercali, coloniali e vini , in quanto da
lì partivano le scorte per tutte le ville poste sulla destra del Bût, della media ed alta Carnia,
nonché le carrareccie, i cui selciati sono
ancora ben visibili, che attraverso i guadi del Tagliamento, raggiungevano
l'opposta sponda del fiume fino a Villa di Verzegnis
e ville vicinanti. Ma tale privilegio è venuto a mancare al paese dal
momento in cui venne costruito il nuovo Ponte di Avons, inaugurato l'8 settembre 1913.
Fino all'anno 1917 esisteva la rinomata conceria artigianale
Giovanni
Rinoldi con l'appropriata e caratteristica
attrezzatura dei «pestons» che
naturalmente costituiva motivo di curiosità e d'interessamento per i
più giovani. Purtroppo l'invasione nemica ha distrutto e disperso le sue
attrezzature al punto che d'allora non ha potuto più riprendersi. In
detta località esisteva pure una piccola centrale elettrica di
proprietà dell'Azienda Rinoldi.
Punto di passaggio
obbligato, almeno fin dopo il secondo conflitto, il paese di Caneva, fu attraversato da due guerre. Durante la prima il
paese fu sede di comandi e di un ospedaletto da campo
nel Palazzo ex Corradina: l’ospedaletto n. 076.
Dopo. la rottura di Caporetto
i tiri prolungati dei cannoni degli eroici difensori del Forte di Monte Festa,
a ridosso del Monte S. Simeone, al comando del valoroso capitano R, Noèl Winderling
raggiunsero le ultime case del paese e l'adiacente campagna fu letteralmente
sconvolta.
Durante l'ultimo
conflitto il paese fu parimenti bombardato dal cielo, mitragliato da terra,
incendiato, occupato dalle
orde cosacche al seguito delle truppe
tedesche. In un momento della lotta partigiana il paese era diventato terra di
nessuno.
In tempi
relativamente lontani il paese soffrì anche per effetto di rovinose
inondazioni. Memorabile fu quella del 1882 dovuta all'insufficiente tenuta
degli argini del Bût a difesa dell'abitato.
Raccontano i vecchi che in quell'occasione i tronchi
natanti del legname passarono per il paese entrando da cortile a cortile.